Una licenza è un documento legale che concede specifici diritti all’utilizzatore relativamente al ri-uso e alla ri-distribuzione -a certe condizioni- di un determinato materiale. Qualsiasi diritto che non sia stato concesso dal licenziante per mezzo di una licenza predefinita può essere richiesto. Le licenze si possono applicare a qualsiasi materiale (ad esempio, a suoni, testi, immagini, materiali multimediali, software) laddove esistano diritti di sfruttamento o di uso.
Le licenze a contenuto aperto sono licenze che concedono il permesso di accedere, riusare e ridistribuire del materiale con minime o alcuna restrizione. Queste licenze variano da molto aperte a molto restrittive. Maggiori sono le restrizioni, più complicato diventa combinare contenuti vincolati a licenze diverse –precludendo di fatto la loro interoperabilità-.
Il formato di un file è la modalità standard con la quale l’informazione è codificata per essere salvata in un file di computer; tuttavia, non tutti i formati hanno i documenti con specifiche liberamente disponibili, in parte perché alcuni sviluppatori considerano i loro documenti con specifiche alla stregua di segreti commerciali.
Applicare una licenza aperta ad un lavoro scientifico (sia che si tratti di un articolo, di un set di dati o di un qualsiasi altro tipo di prodotto della ricerca) è un modo per il detentore del diritto d’autore di esplicitare le condizioni entro le quali si può accedere, riutilizzare e modificare il suo lavoro.
È importante fare presente che una licenza si costruisce sulla base di norme già esistenti sul diritto d’autore. In altre parole, si può concedere una licenza su un contenuto solo se, se ne possiedono i diritti; non si può dare in licenza alcuna forma di ri-uso se questa non è prevista dalle norme sul diritto d’autore già in vigore.
Quando si condivide un contenuto aperto non è sufficiente optare per una licenza corrispondente, occorre infatti tenere in considerazione anche il formato. La scelta di un formato di file non aperto potrebbe rendere impossibile il riuso del contenuto. Per questa ragione è importante conoscere le opzioni disponibili quando si decide in quale formato si vuole condividere il contenuto.
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Apprendere gli elementi distintivi di ciascuna licenza; come queste si adattino ad alcune definizioni e requisiti della Scienza Aperta e come si combinino ai diversi prodotti della ricerca.
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Apprendere le diverse componenti delle licenze: attribuzione, (non-)commerciale, opere derivate, etc.
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Apprendere l’importanza di individuare il detentore dei diritti d’autore o di altri diritti associati ai prodotti della ricerca.
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Apprendere le differenze tra i diversi formati di file: formati proprietari e aperti, e come questi possano precludere o facilitare la riusabilità e l’interoperabilità dei contenuti.
Per comprendere come funzionano le licenze è necessario conoscere i concetti di base del diritto d’autore. Poiché le leggi sul diritto d’autore non sono armonizzate a livello internazionale bisogna fare riferimento alle leggi vigenti nel quadro del proprio contesto.
Tra la gamma di licenze a contenuto aperto, c’è il sistema di licenze con permesso d’autore (copyleft) create dalla comunità dei software liberi. Queste licenze consentono un ampio ri-uso dei materiali in base al principio per cui, a qualsiasi materiale derivato da un materiale preesistente, deve essere applicata una licenza uguale a quella dell’originale. Questo ha causato qualche problema di interoperabilità, risolto dalle nuove versioni, per le quali è previsto che, ai materiali derivati, deve essere applicata una licenza con gli stessi termini della licenza originale.
Le licenze più diffuse per contenuti scientifici sono le licenze Creative Commons. Generalmente, una licenza CC BY (che richiede solo l’attribuzione) è una buona opzione per articoli, libri, documenti di lavoro e rapporti; una dedicazione in pubblico dominio, con licenza CC Zero (CC0) è consigliabile per set di dati e banche dati (NB: negli Stati Uniti e nell’Unione Europea i fatti individuali non sono soggetti a diritto d’autore mentre lo possono essere le collezioni di fatti che sono stati trattati attraverso una selezione creativa o una ri-organizzazione. Nell’Unione Europea c’è inoltre un diritto sui generis concesso a chi realizza una banca dati a ragione del lavoro svolto per la sua compilazione, anche nel caso in cui questo non abbia implicato alcuno sforzo creativo). Le licenze Creative Commons non dovrebbero essere usate come licenze per il software perché non sono state ideate a questo scopo, come ha specificato la stessa organizzazione dei CC. I programmatori di software dovrebbero adottare invece delle licenze apposite come quelle raccolte dalla Open Source Initiative o dalla Free Software Foundation. Possibili opzioni sono disponibili al sito choosealicense.
In origine la CC0 venne creata come strumento legale per rilasciare banche dati scientifiche senza restrizioni e in special modo per svincolarsi dai differenti trattamenti di tutela legale previsti qualora una banca dati venisse resa pubblica. La CC0 è stata percepita come un modo per destinare i lavori scientifici al pubblico dominio ma è più di una cessazione di diritti. La CC0 è uno strumento in tre fasi costruito per permettere il suo uso in giurisdizioni in cui la dedicazione in pubblico dominio completo non è possibile (per esempio in molti paesi dell’Europa continentale). Primo, usando la CC0 il detentore del diritto d’autore rinuncia ad ogni diritto entro i limiti consentiti dalla legge vigente. Secondo, se ci sono rimanenti diritti a cui non si può rinunciare, la CC0 agisce come una licenza che concede qualunque diritto rimanente senza restrizioni o obblighi. E infine, il detentore del diritto d’autore asserisce di non rivendicare nessun diritto a cui non sia possibile rinunciare o concedere in base alla legge applicabile. Il concetto alla base della CC0 è quello di convincere i ricercatori a seguire le regole della comunità invece di usare le licenze per materiali i cui contenuti, come nei database, in molti casi non sono assoggettabili al diritto d’autore.
Durante i seminari di formazione si dovrebbero evidenziare le differenze tra le diverse licenze, come queste si adattino ad alcune definizioni e requisiti della Scienza Aperta e come si accordino ai diversi risultati della ricerca. Sulla base delle conoscenze già acquisite dalla platea, si può offrire una panoramica sulle diverse componenti (attribuzione, (non)commerciale, opere derivate, ecc.) sulle licenze in generale oppure fornire un’analisi dettagliata di ciascuna componente e delle ripercussioni di ciascuna licenza sul riuso e sull’interoperabilità dei materiali. Poiché le norme sul diritto d’autore variano molto a seconda della giurisdizione di riferimento (nei paesi ‘common law’ o nei paesi con diritto civile, ma anche all’interno dell’Unione Europea), la fruizione delle licenze può variare di molto. Questa tematica può diventare oggetto di discussione dettagliata se la platea dimostra di avere sufficienti conoscenze pregresse sul sistema delle licenze; se la materia invece è relativamente nuova per la platea è consigliabile non addentrarsi in dettagli.
I fondamentali elementi delle licenze da tenere in considerazione (da Data Packaging Guide):
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Scegliere una licenza aperta.
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Dichiarare la licenza prescelta in maniera chiara e distinta, preferibilmente in linguaggio macchina.
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Commentare le concessioni/limitazioni della licenza prescelta, e quali barriere o restrizioni potrebbero applicarsi.
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Indirizzare gli utilizzatori ai siti dove possono trovare maggiori informazioni su queste licenze.
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Specificare che la licenza si applica ai dati, e non al contenuto che quei dati rappresentano (una licenza aperta sui metadati non vuol dire che il contenuto sia aperto, non coperto dal diritto d’autore, o che si possa usare liberamente).
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Spiegare perché è stata scelta quella licenza.
Il seminario di formazione dovrebbe inoltre fornire un quadro generale sulle politiche in materia di proprietà intellettuale introdotte dalle università e dagli enti pubblici di ricerca. È fondamentale far presente la necessità di identificare coloro che detengono il diritto d’autore o qualsiasi altro diritto annesso al prodotto della ricerca. I detentori del diritto d’autore sono coloro che possono decidere se porre delle restrizioni qualora non ce ne fossero di default per effetto di una licenza. In relazione ai prodotti della ricerca, il detentore del diritto d’autore può essere un ricercatore, un editore, una società scientifica, un’istituzione di ricerca, un ente finanziatore, ecc.
In un contesto di Scienza Aperta e per un’archiviazione ottimale a lungo termine, i file non dovrebbero essere compressi; si dovrebbero evitare formati proprietari o brevettati a favore di formati aperti basati su standard documentati. In questo modo si garantiscono l’accessibilità e la riusabilità del contenuto. Ad essere pubblicati e archiviati dovrebbero essere solo file non criptati. Esempi di formati aperti per file sono:
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Testo: TXT, ODT, PDF/A, XML
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Dati tabulari: CSV, TSV
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Immagine: TIFF, PNG, JPG 2000, SVG, WebP
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Audio: WAV, FLAC, OPUS
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Video: MPEG2, Theora, VP8, VP9, AV1, Motion JPG 2000 (MJ2),
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Dati binari gerarchici: HDF5
Alcuni formati di file non possono essere convertiti in formati aperti, ma vengono comunque archiviati. Sono spesso specifici per un determinato dispositivo elettronico ma hanno un’ampia comunità di utenti. È consigliabile verificare se l’archivio in cui si vuole depositare una pubblicazione dispone di una lista di formati preferiti.
Domanda: “Perché dovrei usare una licenza CC-BY per il mio contenuto scritto/creativo?
Risposta: La licenza CC-BY è la licenza più permissiva tuttavia mantiene anche alcuni diritti a beneficio degli autori – con l’unica condizione per chi usa, modifica, o distribuisce il contenuto di attribuire la paternità all’autore originario. Altri attributi delle licenze Creative Commons includono Non opere derivate (ND No Derivatives), Non commerciale (NC Non Commercial) e Condividi allo stesso modo (SA Share Alike), che aggiungono ulteriori restrizioni e che potrebbero limitare l’uso e l’impatto potenziale del lavoro. Impedire le opere derivate con la licenza ND limita pesantemente l’impatto e la fruizione di un lavoro poiché preclude a chiunque altro di basare la propria ricerca su quanto è già stato fatto da un altro. Analogamente, mentre molti ricercatori potrebbero preferire le limitazioni della NC per impedire alle aziende di commercializzare o fare soldi sul lavoro di terzi, non è facile definire con precisione l’uso commerciale. Inoltre, l’intento di gran parte della ricerca finanziata pubblicamente è portare allo sviluppo economico attraverso un (eventuale) uso commerciale, che verrebbe precluso da questa licenza. Usare la licenza SA permette il riuso e la distribuzione, ma richiede che alle opere derivate si applichi la stessa licenza, limitandone l’uso e la combinazione con altri lavori.
Il timore più diffuso tra chi utilizza la licenza CC0 è che l’obbligo di attribuzione venga disatteso. Eppure, secondo i proponenti, l’attribuzione è un elemento fondamentale della pratica scientifica fatta bene, indipendentemente dal diritto d’autore o dai termini della licenza applicata al lavoro citato. Alcuni archivi che applicano la CC0 menzionano esplicitamente l’attribuzione; confronta, ad esempio, il modello Dataverse: “Le regole della nostra comunità così come le regole della buona pratica scientifica presuppongono che la paternità di un materiale venga riconosciuta in maniera adeguata tramite la citazione. Si prega di utilizzare la citazione dei dati generata da Dataverse che trovate sopra”.
Paesi diversi hanno diverse leggi sul diritto d’autore. Questo potrebbe condizionare la capacità di scegliere una licenza o di attribuire un lavoro in pubblico dominio. In Germania e in altri paesi europei, ad esempio, non è permesso rinunciare del tutto al diritto d’autore, né è legalmente ammesso dedicare un lavoro in pubblico dominio. Lecito, invece, l’uso delle licenze CC0.
L’interoperabilità delle licenze: a volte, combinando contenuti con licenze diverse, può diventare impossibile pubblicare delle opere derivate. Ad esempio, il materiale distribuito con una licenza SA può essere combinato solo con altro materiale con licenza SA.
Idoneità delle licenze: per esempio, le licenze CC non dovrebbero essere usate per il software, ci sono licenze specifiche per le banche dati (Open Data Commons), e le licenze CC precedenti alla versione 4.0 non sono adatte per le banche dati.
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Capacità di utilizzare le risorse disponibili per operare una scelta appropriata della licenza per lavori di ricerca scritti in base al livello desiderato di libertà/limitazione di ri-uso da parte di terzi.
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Capacità di utilizzare le risorse disponibili per operare una scelta appropriata della licenza per dati, in base al livello desiderato di libertà/limitazione di riuso da parte di terzi.
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Creative Commons License Picker. creativecommons.org
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How to License Research Data. dcc.ac.uk
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Redhead (2012). Why CC-BY?. Open Access Scholarly Publishers Association. oaspa.org/why-cc-by
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World Intellectual Property Organization. Universitites and Intellectual Property. wipo.int