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Introduzione tratta da Le persone non servono: Lavoro e ricchezza nell'epoca dell'intelligenza artificiale

Per farla breve, dopo cinquant’anni di sforzi e miliardi spesi nella ricerca, stiamo decifrando il codice dell’intelligenza artificiale. Si è scoperto che è una cosa diversa dall’intelligenza umana, o almeno così sembra. Ma questo non importa. Per usare le parole dell’informatico Edsger Dijkstra: “Chiedersi se le macchine possano pensare è rilevante quanto domandarsi se i sottomarini siano capaci di nuotare”. Non è importante se il sito web che trova per te l’anima gemella o il robot che ti taglia il prato lo fanno nello stesso modo in cui lo faresti tu. Il lavoro sarà svolto più velocemente, più accuratamente e ad un prezzo più basso di quanto tu possa mai fare. Recenti passi avanti nella robotica, nella percezione e nel machine learning, spinti da miglioramenti accelerati nella tecnologia informatica, stanno attivando una nuova generazione di sistemi capaci di rivaleggiare con le capacità umane, se non di superarle. È probabile che questi sviluppi diano inizio a una nuova era di prosperità e di comodità senza precedenti, ma la transizione potrebbe essere prolungata e brutale. Senza aggiustamenti nel nostro sistema economico e senza una politica normativa, potremmo trovarci in un lungo periodo di disordini sociali. I segnali d’allarme sono ovunque. Le due grandi piaghe del mondo moderno sviluppato, la costante disoccupazione e la disuguaglianza di reddito in aumento, affliggono la nostra società nonostante la nostra economia continui a crescere. Se resteranno senza controllo, potremmo assistere allo spettacolo del benessere crescente sullo sfondo di una povertà in espansione. Il mio obiettivo è di condurvi personalmente in un tour sui passi avanti che alimentano questa transizione, e le sfide che questa pone alla società. Suggerirò anche alcune soluzioni per il libero mercato che favoriscano il progresso riducendo l’intromissione del governo nelle nostre vite. Il lavoro sull’intelligenza artificiale sta avanzando su due fronti. Nuovi sistemi di prima classe, molti dei quali già pronti, apprendono dall’esperienza. Ma, al contrario degli umani che sono limitati nel raggio e nella portata delle esperienze che possono assimilare, questi sistemi possono vagliare montagne di esempi formativi con rapidità fulminea. Sono in grado di comprendere non solo le informazioni visuali, uditive o scritte a noi familiari, ma anche le forme più anomale di dati che fluiscono attraverso computer e reti. Immaginate quanto sareste intelligenti se poteste vedere attraverso migliaia di occhi, ascoltare suoni lontanissimi e leggere ogni parola appena viene pubblicata. Ora, rallentate il mondo a un ritmo in cui potete campionare e analizzare tutto al vostro ritmo e avrete un’idea di come questi sistemi fanno esperienza del proprio ambiente. Mentre noi ammassiamo dati da una gamma in espansione di sensori che monitorano aspetti del mondo fisico – qualità dell’aria, flusso del traffico, altezza delle ondeoceaniche, così come le nostre stesse impronte informatiche come l’acquisto di biglietti, le ricerche online, i blog e le transazioni bancarie – questi sistemi possono scoprire schemi e comprendere informazioni inaccessibili alla mente umana. Si potrebbe dire che possiedono un’intelligenza superumana, ma sarebbe fuorviante, perlomeno per il prossimo futuro, perché queste macchine non sono consapevoli e coscienti di se stesse e non mostrano nessun indizio di aspirazioni d’indipendenza o desideri personali. In altre parole, non hanno menti, come noi comunemente intendiamo. Sono incredibilmente abili in compiti specifici, ma non capiamo fino in fondo come fanno a fare quello che fanno. Nella maggior parte dei casi ciò avviene perché, letteralmente, non c’è una spiegazione che possa essere compresa da creature semplici come noi. Quest’area di ricerca non ha un nome universalmente condiviso. A seconda del punto di vista e dell’approccio, i ricercatori la chiamano machine learning, network neurali, big data, sistemi cognitivi o algoritmi genetici, e in altri modi ancora. Io semplicemente descriverò in generale il prodotto dei loro sforzi come intelletti sintetici. Gli intelletti sintetici non sono programmati nel senso convenzionale del termine. Vengono assemblati a partire da un campionario sempre più vasto di strumenti e moduli, viene fissato un obiettivo, si dà loro un certo numero di esempi e li si lascia andare. Il creatore non può prevedere né controllare che fine faranno. Gli intelletti sintetici presto sapranno più cose sul tuo conto di quante non ne sappia tua madre, saranno capaci di prevedere il tuo comportamento meglio di quanto possa fare tu e ti avvertiranno di pericoli che tu neanche percepisci. Descriverò dettagliatamente il modo in cui lavorano gli intelletti sintetici e perché trascendono la percezione comune di cosa può fare un computer. La seconda classe di nuovi sistemi nasce dal matrimonio tra sensori e attuatori. Possono vedere, ascoltare, sentire e interagire con il loro ambiente circostante. Quando sono raggruppati, questi sistemi sono riconoscibili come robot, ma unirli in un singolo sistema fisico non è essenziale. In effetti, nella maggior parte dei casi non è neanche conveniente. I sensori possono essere sparsi ovunque nell’ambiente, in cima ai lampioni o negli smartphone della gente, e l’insieme di ciò che osservano può essere raccolto e stipato in lontani magazzini di server, che poi usano queste informazioni per formulare un piano. Il piano può essere eseguito direttamente, controllando strumenti in remoto, o indirettamente, per esempio, persuadendoti a compiere determinate azioni desiderate. Spesso, i risultati di queste azioni sono immediatamente percepiti, determinando una continua revisione del piano, esattamente come quando muoviamo la mano per raccogliere un oggetto. Ti trovi in un sistema del genere quando segui le indicazioni del navigatore mentre sei alla guida. Il programma monitora la tua posizione e la tua velocità (solitamente tramite GPS) e ti dirige, spesso unendo le tue informazioni a quelle degli altri guidatori per rilevare le condizioni del traffico che usa per condurti (e condurre gli altri) più efficacemente. Forse anche il più straordinario di questi sistemi apparirà ingannevolmente semplice, in quanto svolgerà compiti fisici apparentemente di routine. Sono privi di buonsenso e di intelligenza generica, ma allo stesso tempo possono portare a termine instancabilmente una sbalorditiva gamma di incombenze in ambienti caotici e dinamici.Ad oggi, l’automazione ha perlopiù significato macchinari specializzati, relegati a svolgere singoli compiti ripetitivi nelle catene di montaggio, in ambienti progettati attorno a loro. Al contrario, i nuovi sistemi saranno all’esterno, in giro, ad occuparsi dei campi, dipingere case, pulire marciapiedi, lavare e piegare la biancheria. Potrebbero lavorare assieme ad operai umani per posare tubi, mietere il raccolto e costruire case, o potranno essere impiegati autonomamente in posti pericolosi o inaccessibili per spegnere incendi, ispezionare ponti, estrarre minerali dai fondali marini e combattere guerre. Mi riferirò a questi sistemi come operai artificiali. Chiaramente, questi due tipi di sistemi, intelletti sintetici e operai artificiali, possono lavorare insieme per svolgere compiti fisici che richiedano un alto livello di conoscenza e competenza, come riparare auto, eseguire interventi chirurgici e cucinare pasti da gourmet. In linea di principio, tutti questi sviluppi non solo vi libereranno da lavori noiosi e faticosi, ma vi renderanno più efficienti ed efficaci, se siete abbastanza fortunati da poterveli permettere. Agenti elettronici fatti su misura per voi potrebbero promuovere i vostri interessi personali, rappresentarvi in una trattativa e insegnarvi a fare i calcoli; ma non tutti i sistemi di questo tipo lavoreranno in vostra vece. Gli umani vanno matti per i risultati immediati. Quelli che Jaron Lanier in modo lungimirante chiama server sirena creeranno stimoli a breve termine su misura per i vostri desideri, persuadendovi a fare cose che magari non rientrano nei vostri interessi a lungo termine1. L’irresistibile esca dell’offerta limitata e della consegna veloce potrebbero oscurare gradualmente la distruzione dello stile di vita che vi è più caro e vicino. Potete ordinare un cuociriso elettrico online stanotte e vedervelo recapitare domani, ma il costo che non è incluso è quello della chiusura graduale dei negozi di quartiere e dei vicini che perdono il lavoro. Una cosa è che questi sistemi vi raccomandino che musica ascoltare o quale spazzolino acquistare. Un’altra cosa è permettere che prendano l’iniziativa da soli o, per usare un neologismo di moda, renderli autonomi. Operano in tempi che noi a malapena percepiamo e hanno accesso a volumi di dati che noi non possiamo comprendere; in un batter d’occhi potrebbero gettare il mondo nel caos spegnendo la rete elettrica, sospendendo tutti i decolli degli aerei, cancellando milioni di carte di credito. Ci si potrebbe domandare perché qualcuno costruirebbe un sistema che può fare questo genere di cose. È semplice prudenza progettare una salvaguardia per proteggerci da eventi estremi, come cortocircuiti simultanei in due o più linee critiche di trasmissione d’energia. Questi improbabili casi limite in qualche modo sembrano presentarsi con preoccupante regolarità. Quando succede, il cosiddetto human in the loop non ha materialmente il tempo di rivedere la decisione nel contesto perché il danno si produce letteralmente alla velocità della luce. Può suonare spaventoso, ma un missile nucleare russo lanciato contro di noi ci concederebbe almeno qualche minuto di tempo per decidere una linea d’azione, mentre un attacco cyber ad una centrale nucleare potrebbe disabilitare i suoi sistemi di controllo in un istante. Non abbiamo altra scelta che fidarci e lasciare che i sistemi ci proteggano.Negli incontaminati deserti del cyberspazio, non si può mai sapere quando due o più sistemi autonomi i cui obiettivi sono in conflitto potrebbero incontrarsi. La portata e la velocità di questo urto elettronico può assumere le caratteristiche di un disastro naturale. Tutto questo non è ipotetico, è già accaduto, con effetti terrificanti. Il 6 maggio 2010, la Borsa, inesplicabilmente e nel giro di pochi minuti, subisce un crollo del 9% (mille punti sul Dow Jones). Più di mille miliardi in valori patrimoniali evaporano temporaneamente; soldi che, tra l’altro, rappresentavano i risparmi per la pensione di milioni di lavoratori. Specialisti nel campo del mercato finanziario rimangono a grattarsi la testa increduli. Alla Commissione per i Titoli e gli Scambi degli Stati Uniti sono serviti quasi sei mesi per scoprire cosa fosse successo, e la risposta non è molto confortante: programmi informatici in competizione, che compravano e vendevano azioni a nome dei propri proprietari, erano andati fuori controllo. Nel torbido mondo segreto conosciuto come trading ad alta frequenza, questi sistemi non solo raccolgono opportunità di piccoli profitti che appaiono e scompaiono in un istante, ma rilevano e approfittano delle rispettive strategie di trading2. I creatori di questi giocatori d’azzardo elettronici non hanno saputo prevedere l’effetto dei rispettivi programmi tra di loro. I designer sviluppano e testano i loro sofisticati modelli usando dati storici, quindi senza poter calcolare la presenza e i comportamenti di forze uguali e contrarie. Il conflitto apparentemente casuale di questi titani ha scosso il nostro sistema finanziario dalle fondamenta, che stanno nella nostra fede nella sua equità e solidità. Gli economisti hanno dato a questo nuovo strano fenomeno il riduttivo nome di “rischio sistemico”, che suona come qualcosa che può essere risolto con un’iniezione di antibiotico governativo e una buona notte di sonno. Ma la causa di fondo è molto più sinistra: è l’emergere di agenti elettronici invisibili, autorizzati ad agire in nome del ristretto interesse personale dei loro proprietari, senza considerare le conseguenze per il resto del mondo. Dato che questi agenti sono furtivi e incorporei, non possiamo percepirne la presenza o comprenderne le capacità. Se avessimo a che fare con ladri-robot sarebbe meglio, almeno potremmo vederli arrivare e scappare. Il “Flash Crash” del 2010 può aver catturato l’attenzione dei governanti, ma non ha in alcun modo frenato queste tecniche dall’applicarsi ad una varietà sempre più ampia di domini. Tutte le volte che acquistate qualcosa, che visitate un sito web o postate un commento online, un esercito segreto di agenti elettronici che lavora per qualcun altro vi sta osservando. Sono sorte intere industrie che non fanno altro che vendere “armi” sotto forma di programmi e dati a compagnie abbastanza coraggiose da intromettersi in questo caos senza fine. Più avanti in questo libro descriverò una di queste arene nel dettaglio: il monumentale ammasso di lotte che si svolgono dietro le quinte per il diritto di mostrarti una pubblicità tutte le volte che caricate una pagina web. L’emergere di questi agenti autonomi e dotati di potere fa scaturire questioni etiche molto serie. Molti dei sistemi con cui si distribuiscono risorse in condivisione tra la gente seguono convenzioni sociali non scritte. Nel mio quartiere, le leggi cittadine mi autorizzano a parcheggiare in un posto per un tempo di due ore, partendo dal presupposto che sia più conveniente per me spostare la mia auto con tale frequenza. Mase la mia macchina potesse cambiare posto da sola? E i miei robot personali potranno stare in fila al cinema al posto mio? Le self-driving car, che tra pochi anni avranno ampia circolazione, sollevano problematiche più serie. Le decisioni che queste macchine devono prendere in una frazione di secondo implicano problemi etici che hanno tormentato i pensatori per millenni. Immaginiamo che la mia macchina stia attraversando un ponte molto stretto e che uno scuolabus pieno di bambini improvvisamente entri dall’altro lato. Il ponte non può contenere entrambi i veicoli, quindi per evitare di distruggerci entrambi è chiaro che uno dei due dovrà finire oltre il ciglio della strada. Comprerei una macchina che è disposta a sacrificare la mia vita per salvare i bambini? L’aggressività di una self-driving car diventerà un’attrattiva commerciale come il consumo al chilometro? Dilemmi morali come questo, non più confinati alle riflessioni dei filosofi, arriveranno presto sui banchi dei nostri tribunali. L’emergere di intelletti sintetici e di operai artificiali che si comportano come gli agenti individuali solleverà una serie di enigmi pratici. Cosa dovrebbe significare “uno per cliente” quando un robot è il cliente e io ne possiedo un’intera flotta? Può il mio assistente personale elettronico mentire per me? Dovrebbe denunciarmi se sto per versare a mia figlia minorenne del vino durante la cena del Ringraziamento? La società modella leggi e regolamenti presupponendo un certo margine di discrezione individuale. Come ti sentiresti a proposito di un dog sitter robotico che lasciasse sbranare tuo figlio perché sta ubbidendo ad un cartello con scritto “vietato calpestare l’erba”? E riguardo a una macchina a guida automatica che si rifiuta di superare i limiti di velocità mentre ti porta in ospedale per salvarti da un attacco cardiaco? Le nostre istituzioni presto dovranno cercare di tenere in equilibrio i bisogni degli individui con i più vasti interessi della società in un modo completamente nuovo. Ma tutto questo è nulla se paragonato ai rischi economici posti da questi sistemi. Un’ampia parte degli operai e impiegati di oggi dovrà presto temere la minaccia posta rispettivamente dai lavoratori artificiali e dagli intelletti sintetici. Un’incredibile gamma di attività produttive sia fisiche che mentali diventerà soggetta a un rimpiazzo da parte di questi nuovi programmi e macchinari. Perché qualcuno dovrebbe assumere voi anziché comprare uno di loro? Stiamo per scoprire che Karl Marx aveva ragione: l’inevitabile sfida tra capitale, i cui interessi sono promossi dai dirigenti, e forza-lavoro è una partita persa per i lavoratori. Quello di cui non si rendeva conto pienamente è che siamo tutti lavoratori, anche i manager, i dottori e i professori universitari. Da economista, Marx capì che l’automazione industriale sostituisce il capitale umano della forza-lavoro, anche non potendo immaginare i lavoratori artificiali. Quello che non poteva prevedere è che gli intelletti sintetici potessero sostituire anche il capitale mentale. Il conflitto che descriveva tra lavoratori malpagati e manager altamente retribuiti, persone contro persone, era una divisione inesatta. Il problema reale è che i benestanti hanno bisogno di pochissime persone, se non di nessuna, che lavorino per loro. Per quanto possa sembrare strano, il futuro sarà una lotta tra capitali e persone, poiché le risorse accumulate dalle nostre creazioni non perseguono nessuno scopo produttivo e non sono messe ad uso produttivo. Come spiegherò, forse oggi il cosiddetto 1% trae vantaggio da questi trend. Ma senza le giuste cautele su chi o cosa ha diritto atali patrimoni, c’è la reale possibilità che questo 1% si inabissi fino allo 0%, come le piramidi dell’antico Egitto prosciugarono le risorse dell’intera società per servire il capriccio personale di un singolo governante. C’è il rischio che l’economia che conosciamo oggi, difficile da gestire quanto vogliamo, si metta in moto da sola, lasciandoci via via cadere fuoribordo. L’ultimo umano licenziato spenga la luce, per favore. Anzi, non è necessario: si spegne da sola. Ma ci sono rischi ancora maggiori. Quando pensiamo all’IA, tendiamo a immaginarci un futuro pieno di robot come servitori docili, padroni malevoli o cervelli computerizzati giganti seppelliti in bunker fortificati, ognuno scelga l’immagine che preferisce. L’immagine di un cyborg che fa una smorfia è perfetta per far venire la pelle d’oca. Però questa è solo una distorsione antropomorfica, innumerevoli versioni hollywoodiane ci hanno portato fuori strada. Il reale pericolo viene da eserciti di piccoli lavoratori artificiali organizzati come sciami d’insetti e da intelletti sintetici incorporei residenti in server remoti sul cloud. A quanto pare la situazione continua a peggiorare. Nella prima rivoluzione industriale, i luddisti potevano distruggere i telai che toglievano loro il lavoro; ma come ci si difende dall’app di uno smartphone? I moderni politicanti si stanno torcendo le mani sulle cause di fondo della disoccupazione persistente e dell’ineguaglianza economica; sicuramente comunque un motore sottovalutato sta accelerando il progresso tecnologico. Come dimostrerò, i progressi nella tecnologia dell’informazione stanno già radendo al suolo aziende e posti di lavoro con incredibile velocità, una velocità che il mercato della manodopera già non può sostenere, e il peggio deve ancora venire. Ci sono modi completamente nuovi in cui il capitale sostituisce la manodopera, e la condivisione del nuovo benessere creato è sproporzionatamente a beneficio di chi è già ricco. La risposta che sarebbe ovvia a tutto ciò è che la migliorata produttività migliorerà il benessere, tenendoci tutti a galla, e emergeranno nuovi lavori per provvedere ai nostri desideri e ai nostri bisogni in espansione. Questo è abbastanza vero, in generale e nell’insieme. Ma scavando più a fondo, tutto ciò non significa necessariamente che ce la stiamo cavando. Con il mercato del lavoro, così come con il riscaldamento globale, è il ritmo che conta, non il fatto in sé. I lavoratori attuali potrebbero non avere né il tempo né l’opportunità di acquisire le competenze richieste dai nuovi lavori. E il reddito medio è un dato inutile se un piccolo gruppo di oligarchi ricchissimi si prende la parte più grande, mentre tutti gli altri vivono in relativa povertà. Incrementare il benessere potrà tenere a galla gli yacht, ma farà colare a picco tutte le barche a remi. Nei primi capitoli di questo libro esporrò alcuni concetti fondamentali e alcune idee necessarie per ridefinire i termini del dibattito. Cercherò di svelare la magia che c’è sotto, spiegando perché la maggior parte delle cose che si credono riguardo ai computer è sbagliata. Senza capire veramente cosa sta succedendo, non è possibile comprendere cosa potrebbe accadere in futuro. Quindi suggerirò soluzioni pratiche ad alcune delle questioni più serie, per esempio come si può estendere il nostro sistema legale affinché regoli e riconosca i sistemi autonomi come responsabili delle loro azioni. Ma il problema più serio a cui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione sono indubbiamente le conseguenze economiche. Lasoluzione ovvia e semplice di ridistribuire il benessere dai ricchi ai poveri non può avere seguito nella nostra attuale situazione politica. Inoltre non risolve la causa sottostante di questi problemi; semplicemente rimescola la pentola prima che arrivi a ebollizione. Presenterò invece una struttura che applichi le soluzioni del libero mercato per affrontare i problemi strutturali sottostanti che stiamo creando. La disoccupazione sarà un grosso problema ma, incredibilmente, non a causa della mancanza di posti di lavoro. Piuttosto, la difficoltà consisterà nel fatto che le competenze richieste per svolgere i lavori disponibili probabilmente evolveranno più velocemente di quanto i lavoratori riusciranno ad adattarvisi, se non apporteremo dei cambiamenti significativi nel modo in cui formiamo la forza lavoro. L’attuale sistema sequenziale di educazione e di lavoro, secondo cui prima vai a scuola poi ottieni un lavoro, andava bene quando ci si poteva aspettare di fare più o meno la stessa cosa per sopravvivere per tutta la vita lavorativa. Guardando avanti, questo metodo semplicemente non funzionerà. La natura dei lavori disponibili cambierà così rapidamente che le tue competenze potrebbero diventare obsolete proprio nel momento in cui pensavi di esserne venuto a capo. Il nostro sistema corrente di formazione professionale, erede in gran parte dell’apprendistato medievale e della servitù debitoria, necessita di un significativo ammodernamento. Proporrò un approccio a questo problema sotto forma di un nuovo tipo di strumento finanziario, il “mutuo di lavoro”, garantito esclusivamente dal lavoro futuro, quindi dal salario che si percepirà, come il mutuo sulla casa è garantito esclusivamente dall’ipoteca sulla proprietà. Perdi il lavoro? I pagamenti sono sospesi per un periodo ragionevole di tempo, finché non trovi un altro lavoro. Con questo sistema il datore di lavoro e le scuole saranno incentivati a lavorare in un modo tutto nuovo. I datori di lavoro concederanno lettere di intenti non vincolanti per assumerti se acquisirai determinate capacità, e riceveranno in cambio dei vantaggi fiscali se alla fine manterranno la promessa di assumerti. Queste lettere di intenti avranno per chi cerca lavoro la stessa funzione della stima per chi cerca casa. Le istituzioni formative dovranno modellare i propri curricula attorno a specifiche capacità richieste dai datori di lavoro “sponsorizzanti”, per corrispondere ai requisiti del prestito, altrimenti gli studenti non si iscriveranno. Non saranno vincolati in anticipo ad accettare una particolare posizione se qualcun altro propone loro un’offerta migliore, ma avranno la tranquillità di sapere che stanno acquisendo capacità utili e richieste nel mondo del lavoro. In effetti, questo schema introduce una nuova forma di feedback e di liquidità nei mercati del lavoro, ottenuta tramite l’autocontrollo del libero mercato. Ma la sfida sociale più grande sarà quella di tenere a freno la crescente disuguaglianza di reddito. Proporrò una misura oggettiva, certificata dal governo, di proprietà collettiva, che chiamerò indice di benefit pubblico o IBP, e che sarà a fondamento di una varietà di programmi volti a mantenere un equilibrio più giusto nella società. Le aziende verranno tassate in base a quanti azionisti trarranno beneficio dal successo della compagnia, per favorire una partecipazione pubblica più ampia in un’economia basata sul proprio patrimonio. Ma come possono l’uomo e la donna qualsiasi permettersi di comprare azioni? Per cominciare, possiedono molto più quanto ci si aspetti sotto forma di fondi pensionistici e previdenza sociale, semplicemente ancora non lo sanno, perché unsistema poco chiaro di fiduciarie gestisce il loro patrimonio al posto loro. Bisogna dare alle persone accesso e controllo ai propri risparmi, incentivandole a dirigere le proprie azioni verso compagnie con un alto indice IBP. Un vantaggio collaterale sarà la stabilità sociale. La tentazione di insorgere e di saccheggiare il supermercato locale diminuisce fortemente se sai di esserne un azionista. Non c’è bisogno di prendere ai ricchi per dare ai poveri, perché la nostra economia non è ferma; è in continua espansione e questa crescita molto probabilmente accelererà. Tutto quello che dobbiamo fare è distribuire più ampiamente i vantaggi della crescita futura, e il problema lentamente scomparirà. Un programma di incentivi fiscali modellato attentamente, trasparenza dei portafogli, maggiore controllo individuale sull’assegnazione di azioni basato sull’IBP, offrono una via per evitare il naufragio nella crescente ondata di benessere concentrato. Ma allora perché i nostri leader eletti non riescono a valutare meglio la situazione e a mettere in atto azioni correttive? Perché non puoi guidare a occhi chiusi, e non puoi discutere di qualcosa che non capisci e non sai definire. Al momento il dibattito pubblico manca di concetti ed esempi che descrivano adeguatamente cosa sta succedendo a causa dell’accelerazione del progresso tecnologico, e dunque tantomeno può guidarci a soluzioni ragionevoli. Lasciare che la natura segua il suo corso come abbiamo fatto durante la rivoluzione industriale del tardo Ottocento-inizio Novecento è un gioco pericoloso. Il reddito pro capite è cresciuto vertiginosamente, ma questi cambiamenti hanno comportato sofferenze umane inimmaginabili lungo un esteso periodo di tempo di trasformazione economica. Non possiamo ignorare la tempesta in arrivo sperando che alla fine tutto si sistemerà: questo “alla fine” è un tempo troppo lungo. Senza un po’ di lungimiranza e senza intraprendere subito qualche azione, i nostri discendenti saranno condannati a mezzo secolo o più di povertà e ineguaglianza, ad eccezione di pochi fortunati. A tutti piace giocare alla lotteria, finché non escono i perdenti. Non possiamo permetterci di aspettare di vedere chi avrà vinto, prima di deciderci ad agire. Il Santo Graal degli imprenditori della Silicon Valley è il rivoluzionamento di intere industrie, perché è così che si fanno molti soldi. Amazon domina il commercio al dettaglio dei libri, Uber distrugge il servizio di taxi, Pandora rimpiazza le radio. Si fa poca attenzione alla distruzione di vite e risorse che ne risulta, perché non si è incentivati a farlo. Intanto quello che bolle in pentola nei laboratori di ricerca sta facendo accelerare il battito cardiaco degli investitori di tutto il mondo. Il mio obiettivo in questo libro è fornirvi gli strumenti intellettuali, l’orientamento etico e la struttura psicologica necessari per affrontare con successo queste sfide. Se finiremo poveri e disperati, disposti a giocarci l’ultimo centesimo per la possibilità di raggiungere i ricchi di Easy Street, oppure artisti di larghe vedute, atleti, accademici, accuditi teneramente dalle nostre stesse creazioni, questo dipenderà largamente dalle politiche pubbliche che verranno messe in atto nella prossima decade o due. Senza dubbio molti scrittori di talento hanno già saggiamente suonato l’allarme a proposito dei rischi dei recenti avanzamenti tecnologici. Alcuni hanno espresso la propria preoccupazione sotto forma di storie emozionanti3, altri hanno utilizzato capacità analitiche da economisti4. Il mio scopo qui è di aggiungere una voce differenteal crescente coro dei preoccupati, la mia, dalla prospettiva dell’imprenditore tecnologico. Nonostante questa litania di lamentele, rimango un ottimista. Confido nel fatto che possiamo modellare un futuro di pace eterna e prosperità. Credo fermamente che il mondo sarà Star Trek e non Terminator. Alla fine lo tsunami delle nuove tecnologie diffonderà una straordinaria era di libertà, felicità e comodità, ma sarà una corsa a ostacoli se non teniamo fermamente le nostre mani sul timone del progresso. Benvenuti nel futuro, che comincia nel passato.